Sono nata a Milano e vivo in Sicilia dal 1999.
La mia passione per la ceramica è nata negli anni ’90 e si è concretizzata sotto la guida di Mara Funghi, maestra ceramista toscana, che mi ha introdotto alla tecnica del colombino e alle cotture raku e al fumo. In seguito ho intrapreso una ricerca personale, a tratti anche dispersiva, ma estremamente stimolante per la grande libertà con cui si sono indirizzati i miei impulsi creativi e si è evoluta la mia capacità di risolvere problemi tecnici.
Questo percorso si è rivelato in primo luogo una esplorazione della mia sensibilità e conseguentemente della materia in grado di esprimerla. Per questo motivo la mia ricerca sulla materia argilla, o sui componenti di un particolare smalto, non mira alla produzione di un oggetto specifico, come accade per esempio in un ambito industriale, ma alla comprensione dei fenomeni di trasformazione della materia stessa.
Ogni gesto resta impresso nella materia che lavoro. Un pezzo mi appare soddisfacente quando percepisco un’armonia di forma, materia e colore in grado di evocare le creazioni della natura. Ciò che mi pare straordinario della ceramica in genere e delle tecniche raku e di cottura al fumo in particolare è l’utilizzo degli elementi primari - l’acqua, la terra , l’aria e il fuoco - e di una attrezzatura ridotta all’indispensabile, per creare qualcosa di completamente nuovo.
I quattro elementi evocano di per sé stessi la creazione, l’origine del mondo e dell’uomo, e fanno parte di ogni cultura. La loro presenza in un pezzo ceramico evidenzia il suo legame con un passato remoto, testimoniato da reperti antichissimi, ma anche con il presente ed il futuro. L’argilla, con tutti i suoi diversi sedimenti derivati dalla roccia granitica, posta a contatto con il fuoco genera un nuovo materiale ma resta essenzialmente un frutto della terra poiché conserva sempre il suo carattere di minerale.
L’ interazione con gli elementi determina il ritmo del lavoro. Il tempo è quello che ci vuole affinché le cose accadano, affinché gli elementi possano agire. Lo stesso vale per il momento della modellazione a colombino in cui il lavoro procede dettando da sé stesso il ritmo giusto perché la forma in divenire non asciughi troppo per essere modificata o non “cada” per esserlo stata prima del dovuto.
Ogni pezzo si evolve con un suo tempo. Un tempo interno e circolare, completo. Le mani valutano l’esatta proporzione tra terra e acqua che consentirà di creare una forma. Valutano cioè la plasticità. Proprio a quest’ultima è legata l’immagine della creazione, la credenza secondo cui ogni essere è stato plasmato dalla terra.
La lavorazione manuale è una fase di scambio permanente tra obiettività fisica della plasticità e soggettività delle mani. Il gesto manuale ripetuto, utilizzato dalla notte dei tempi, ha portato già nelle ceramiche antiche all’eliminazione del superfluo, alla condensazione di una forma e dunque alla sua massima espressività.
La cottura rappresenta il momento di vera trasformazione della materia. Essa determina il passaggio da uno stato transitorio ad uno stabile di pietrificazione.E’ il momento di verifica del lavoro poiché rivela la buona riuscita di un pezzo, sia tecnica che estetica. Il fuoco viene controllato, regolato in intensità, ampiezza e modificato nella sua essenza per creare atmosfere ossidanti e riducenti. Cambiando la composizione chimica dei gas caldi si determinano modificazioni di colore, fusibilità e viscosità dello smalto, pertanto creo il mio fuoco, cioè controllo quest’elemento naturale per fissare stabilmente nella terra la mia energia artistica.
Un pezzo ceramico racchiude in sé questa relazione tra uomo, materia ed elementi. Il momento di apertura del forno è tra i più emozionanti. Gli oggetti non sono più in divenire e sono oggetti nuovi, mai visti e mai toccati. Il reale si sostituisce all’immaginato. Soprattutto nelle cotture raku e al fumo esiste una fetta di imponderabilità dovuta a fattori difficilmente controllabili (es. il vento, l’umidità dell’aria e dei materiali combustibili, il modo in cui la fiamma circola nel forno…) e per questo ogni ceramica è una sorpresa.
La mente ricerca un nesso tra cause ed effetti ottenuti e ipotizza una miriade di nuove possibilità future. Poi opero una scelta, scatta una corrispondenza intima con alcuni, pochi, pezzi che racchiudono in loro stessi un equilibrio di forma colore e materia, che non fanno pensare a qualcosa da aggiungere o da togliere. Essi s’avvicinano a una realtà naturale e soprattutto atemporale, come i sassi e le conchiglie.
La sorpresa viene dal desiderio di toccarli sentendomi appagata.